America’s Sweethearts: Dallas Cowboys Cheerleaders is back for its second season! Kay Adams welcomes the women who assemble the squad, Kelli Finglass and Judy Trammell, to the Netflix Sports Club Podcast. They discuss the emotional rollercoaster of putting together the Dallas Cowboys Cheerleaders. Judy and Kelli open up about what it means to embrace flaws in the pursuit of perfection, how they identify that winning combo of stamina and wow factor, and what it’s like to see Thunderstruck go viral. Plus, the duo shares their hopes for the future of DCC beyond the field. Netflix Sports Club Podcast Correspondent Dani Klupenger also stops by to discuss the NBA Finals, basketball’s biggest moments with Michael Jordan and LeBron, and Kevin Durant’s international dominance. Dani and Kay detail the rise of Coco Gauff’s greatness and the most exciting storylines heading into Wimbledon. We want to hear from you! Leave us a voice message at www.speakpipe.com/NetflixSportsClub Find more from the Netflix Sports Club Podcast @NetflixSports on YouTube, TikTok, Instagram, Facebook, and X. You can catch Kay Adams @heykayadams and Dani Klupenger @daniklup on IG and X. Be sure to follow Kelli Finglass and Judy Trammel @kellifinglass and @dcc_judy on IG. Hosted by Kay Adams, the Netflix Sports Club Podcast is an all-access deep dive into the Netflix Sports universe! Each episode, Adams will speak with athletes, coaches, and a rotating cycle of familiar sports correspondents to talk about a recently released Netflix Sports series. The podcast will feature hot takes, deep analysis, games, and intimate conversations. Be sure to watch, listen, and subscribe to the Netflix Sports Club Podcast on YouTube, Spotify, Tudum, or wherever you get your podcasts. New episodes on Fridays every other week.…
In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni». Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe perché mandi operai nella sua messe!».…
Continuiamo con la storia sacra. Giacobbe è in viaggio verso Canaan. È preso dal timore del fratello Esaù che, ancora dopo tanti anni, non accetta di essere stato derubato della benedizione paterna. Rimane solo nella notte, e un uomo lotta con lui fino allo spuntar del giorno. Prima di lasciarlo, Giacobbe chiede e ottiene la sua benedizione. Il suo antagonista, l’angelo del Signore, lo chiamerà “Israele”, perché è stato forte contro Dio e contro gli uomini. Così si sente ormai sicuro di poter affrontare e calmare il risentimento del fratello. La nostra lotta con il Signore avviene quando ci sentiamo in contrasto con la sua volontà: vorremmo che egli si piegasse ai nostri desideri e alle nostre attese. Diventeremo vittoriosi, però, non quando saremo riusciti a fare la nostra volontà, ma solo quando avremo piegato noi stessi, il nostro orgoglio, a ciò che Dio permette nella nostra vita. Andremo zoppi anche noi, come Giacobbe colpito nel nervo sciatico, ma avremo la certezza della benedizione del Signore e di aver superato le suggestioni di paura e di sfiducia del demonio. Avremo l’animo aperto alla confidenza nella buona novella che Gesù annunzia in tutti i villaggi, portando ovunque speranza e certezza della sua presenza, anche mediante gli operai della vigna che egli non le lascerà mancare.…
In quel tempo, [mentre Gesù parlava,] giunse uno dei capi, gli si prostrò dinanzi e disse: «Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano su di lei ed ella vivrà». Gesù si alzò e lo seguì con i suoi discepoli. Ed ecco, una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, gli si avvicinò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Diceva infatti tra sé: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata». Gesù si voltò, la vide e disse: «Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata». E da quell'istante la donna fu salvata. Arrivato poi nella casa del capo e veduti i flautisti e la folla in agitazione, Gesù disse: «Andate via! La fanciulla infatti non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma dopo che la folla fu cacciata via, egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E questa notizia si diffuse in tutta quella regione.…
Iniziamo il nostro commento di oggi dalla prima lettura. In queste settimane stiamo leggendo il libro della Genesi. Giacobbe, dopo aver ricevuto la benedizione del padre Isacco, deve fuggire dinanzi alla furia e alle minacce del fratello Esaù, che ne è stato privato. Nella fuga verso Carran, verso l’Oriente da cui era venuto il nonno Abramo, durante una sosta notturna prende sonno e vede la famosa scala sulla quale gli angeli scendono e salgono. Qui Dio si fa a lui presente e gli promette che quella terra su cui riposa gli sarà data come eredità, e che nel suo nome saranno benedette tutte le nazioni. La promessa fatta ad Abramo viene così riaffermata. Il “benedetto” per eccellenza della stirpe di Abramo e discendente di Giacobbe è Gesù, che diventa “benedizione” per quanti accolgono con fede il suo insegnamento, come oggi ce lo presenta la pericope del Vangelo tratta da Matteo. Egli è benedizione per la povera donna che soffre di emorragia: la sua fede nella potenza risanatrice del Signore Gesù le dona la guarigione. È benedizione per la famiglia di uno dei capi dei Giudei, la cui figlia giace morta in casa: a lei Gesù ridona la vita. Egli è fonte di benedizione per tutti noi che a lui ci affidiamo, ma ci viene chiesta una fede forte, come quella della donna malata: “Se riesco anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. Signore, noi non solo tocchiamo il tuo Corpo e beviamo il tuo Sangue, ma ci nutriamo di te nell’Eucaristia… Eppure ci sentiamo malati… forse perché ancora ci crediamo poco. Invochiamo allora: risanaci dalle nostre infermità!…
In quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: "La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: "Pace a questa casa!". Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all'altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: "È vicino a voi il regno di Dio". Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: "Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino". Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città". I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: "Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome". Egli disse loro: "Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli".…
Gesù affida ai Suoi il compito di continuare e perpetuare nel mondo la sua missione fino alla fine dei tempi. Un mandato difficile, quasi impossibile, se affidato solo a delle forze umane e non solo perché la messe è molta e gli operai sono pochi, ma soprattutto perché gli inviati, già di per sé deboli, dovranno affrontare ogni genere di insidie e di persecuzioni. Vuole che siano sgombri di ogni cosa, privi di ogni sostegno umano, ma solo fiduciosi in Colui che li manda. Dovranno annunciare l’avvento del Regno di Dio sulla terra e la pace, come frutto primario della redenzione. L’annuncio che viene loro affidato, perché di origine divina, perché verità rivelata e vissuta da Cristo stesso, ha in sé una intrinseca forza di convinzione, per cui deve essere soltanto fedelmente proclamata e testimoniata. Sarà fruttuosa per chi l’accoglie, sarà motivo di condanna per chi invece la respinge e la rifiuta. È il rifiuto della salvezza eterna che inevitabilmente implica una dura condanna; è la conseguenza della non accettazione di un dono d’infinito valore, costato la vita di Cristo ed offerto nell’assoluta gratuità. Saranno poi proprio coloro che non accettano il messaggio della salvezza ad assumere la veste dei lupi e ad insidiare la vita degli agnelli indifesi, degli apostoli di Cristo. Ne è testimone la storia della Chiesa fino ai nostri giorni. Coloro che restano volontariamente nel loro peccato, rifiutando colpevolmente i frutti della redenzione, diventano i persecutori della Verità perché questa continua a pulsare dentro come acuto rimprovero mordendo le coscienze. Dove non c’è la pace di Cristo, facilmente sgorga il furore dell’uomo e le prime vittime paiono debbano essere proprio gli annunciatori e i testimoni della pace divina. La Chiesa così, in ogni tempo, si è adornata di eroi, di martiri e di santi. Non solo, ma dalle persecuzioni ha saputo trarre motivo di rinnovata fedeltà a Cristo e di migliore fecondità nello Spirito Santo. Il sangue dei martiri è diventato il seme prezioso donde generare nuovi figli, nuovi frutti di santità.…
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».…
La privazione temporanea e volontaria del cibo e delle bevande faceva parte dei sacrifici antichi e, con accezioni diverse, mirava alla purificazione dell’uomo per avere poi un approccio più facile ed intimo con i diversi riti in onore della divinità. L’ha praticato lo stesso Gesù per quaranta giorni, lontano dalla gente, nel deserto, prima di intraprendere la sua missione pubblica e chiamare a sé i suoi discepoli. Nella concezione cristiana tale significato ha assunto un valore più teologico e profondo: è principalmente la volontaria partecipazione al sacrificio di Cristo, è praticata come pena, come penitenza, come preparazione ai grandi eventi della salvezza, come la Quaresima. I discepoli di Giovanni entrano in conflitto con quelli del Signore e gli domandano: «Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?». L’appunto è rivolto direttamente ai discepoli, ma va a colpire lo stesso Cristo, che è il loro Maestro e responsabile dei loro comportamenti. Gesù non esita a dare la spiegazione: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno». Il Signore vuole sublimare il significato e il valore del digiuno e, nel contempo, indicarne i momenti più opportuni. Gesù si autodefinisce “sposo” e annuncia che l’avvento del Regno, che egli annuncia e incarna con la sua presenza, è motivo di gioia e di festa. Si sta quindi celebrando un banchetto nuovo, e gli uomini, tutti gli uomini, i discepoli in prima persona, sono gli invitati alle nozze. Non è pensabile proporre il digiuno mentre si celebrano le nozze e si è nel pieno della festa. Solo quando lo sposo non sarà più presente, perché violentemente tolto e condannato alla crudele passione, anche gli apostoli digiuneranno. Allora ecco la nuova concezione del digiuno: è determinato da un’assenza, da un lutto, da un distacco, da una forzata privazione e dall’attesa di un ritorno dello sposo. La gioia cristiana muore con Cristo e risorge con Lui. Ora, fin quando non entreremo alle nozze finali nel banchetto celeste, viviamo nell’attesa della beata speranza, e il digiuno diventa l’alimento necessario della fede e la testimonianza doverosa della nostra gratitudine verso colui che l’ha praticato ininterrottamente per trentatré anni, restando tra noi nell’umiliazione della carne.…
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