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Vi dico di non opporvi al malvagio - Commento al vangelo - 14.6.2021 - Mt 5,38-42

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14 giugno 2021
VI DICO DI NON OPPORVI AL MALVAGIO
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,38-42
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: "Occhio per occhio" e "dente per dente". Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.
E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.
Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle».
Queste parole terribili di Gesù, lasciano chiunque interdetto, ma è la via di molti Santi, che seguendola, hanno imitato il Maestro.
Dare a chi chiede: è sempre un richiamo alla generosità, ma chi non calcola con un minimo di senno e di giustizia se chi chiede è un approfittatore o se può restituire? La generosità è spesso condizionata.
Chi non vuole rivalersi del danno subito? O chi ancor più non desidera difendersi da una palese ingiustizia?
Chi ancora ricevendo un oltraggio fisico non è desideroso di restituzione compensatoria?
L’equilibrio della giustizia sembra essere il perno dominante di tali questioni nelle quali tutti, in un modo o nell’altro, ci imbattiamo.
Contrapponiamo spesso la misericordia alla giustizia, come perdono ad oltranza, ma in certi casi non sembra che la misericordia sia in questione di fronte al torto o alla violenza subita.
Porgere l’altra guancia, cosa ha a che fare con la misericordia? Sembra più che mi si chieda la mitezza e la sopportazione, fino a negare qualsiasi tipo di giustizia, ma la misericordia non appare implicata.
Alla fine, questa richiesta di Gesù appare difficile, irrazionale, esagerata. Facilmente la releghiamo tra gli esempi paradossali, da non prendere letteralmente, ma con misura nel loro significato possibile: cercare di essere non violenti di non rivalersi toppo, di lasciar correre e di perdonare.
Ma inevitabilmente troveremo il limite da affrontare: ognuno incappa in torti e difficoltà che fanno gridare di dolore e il grido si può innalzare anche contro il Cielo.
Perché dunque Gesù ci chiede queste cose? Eppure, per noi egli le ha fatte: quando si consegnò spontaneamente in mano ai nemici, sapendo cosa intendevano fargli, poi la risposta è stata il perdono.
La giustizia non è venuta meno, poiché Gesù ha compiuto un atto di ristabilimento di giustizia verso il Cielo, pagando per le colpe di altri. Questo è il punto a noi incomprensibile, quindi inaccettabile: capire che le colpe commesse tra gli uomini sono colpe contro Dio.
Al contrario noi vogliamo giustizia da Dio per le colpe commesse contro di noi e spesso chiamiamo giustizia umana il rivalersi verso chi ci ha fatto un torto.
In realtà la dinamica della conflittualità immerge chiunque nell’inchiostro dell’odio. Il nostro ricercare la giustizia spesso se non sempre è intriso di vendetta ed avversione.
La giustizia avrà un suo corso, ma non siamo giudici e nemmeno esecutori, ma quel che non è ammesso da Gesù è il cuore, che nelle prove rimane indurito.
Questo è il fatto su cui verte il suo richiamo. Il cuore duro è il cuore ferito che diventa malato. La cicatrice si chiude, ma racchiude un veleno che ci cambia in peggio, uccide la nostra anima e non c’è più spazio per la fiducia, l’amore, il perdono e per quello sguardo profondo che sa vedere l’anima degli altri che giace nella morte, quella stessa anima che Gesù ha amato fino a dare la propria vita.
Gesù chiama amici coloro per i quali muore, chiama alla intimità con i suoi sentimenti ed i suoi desideri coloro che egli perdona, salva, redime, risuscita, cambia e trasfigura.
A noi salvati chiede di essere salvatori, a noi redenti chiede di essere redentori, a noi lontani e resi vicini, chiede di farci prossimi a chi è lontano dalle regioni dell’amore ed agisce nello spirito di odio ed egoismo. A noi chiede di essere puri da quello spirito, di non lasciarci più contaminare dallo spirito del mondo. Amare il mondo vuol dire amare chi del mondo è prigioniero, amare la libertà non solo nostra, ma degli altri, resi disumani dalle leggi del mondo, le leggi della sopraffazione, della menzogna e dell’egoismo.
La risposta di amore, certo non risolve immediatamente le questioni, ma rilancia ad altro. Impedisce a noi il contagio del male, ma fa interrogare il violento e l’ingiusto: non subito, alcuni mai: ma questa è la libertà della risposta.
Noi rimettiamo nelle mani del Signore tutto quello che attiene alla conversione dei cuori ed alle questioni di giustizia, poiché noi ci rifugiamo nel Cuore di Gesù per essere con lui come lui: miti della sua mitezza, umili della sua umiltà, amanti del suo amore.
Dio vi benedica!
Gabriele Nanni
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Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,38-42
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: "Occhio per occhio" e "dente per dente". Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.
E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due.
Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle».
Queste parole terribili di Gesù, lasciano chiunque interdetto, ma è la via di molti Santi, che seguendola, hanno imitato il Maestro.
Dare a chi chiede: è sempre un richiamo alla generosità, ma chi non calcola con un minimo di senno e di giustizia se chi chiede è un approfittatore o se può restituire? La generosità è spesso condizionata.
Chi non vuole rivalersi del danno subito? O chi ancor più non desidera difendersi da una palese ingiustizia?
Chi ancora ricevendo un oltraggio fisico non è desideroso di restituzione compensatoria?
L’equilibrio della giustizia sembra essere il perno dominante di tali questioni nelle quali tutti, in un modo o nell’altro, ci imbattiamo.
Contrapponiamo spesso la misericordia alla giustizia, come perdono ad oltranza, ma in certi casi non sembra che la misericordia sia in questione di fronte al torto o alla violenza subita.
Porgere l’altra guancia, cosa ha a che fare con la misericordia? Sembra più che mi si chieda la mitezza e la sopportazione, fino a negare qualsiasi tipo di giustizia, ma la misericordia non appare implicata.
Alla fine, questa richiesta di Gesù appare difficile, irrazionale, esagerata. Facilmente la releghiamo tra gli esempi paradossali, da non prendere letteralmente, ma con misura nel loro significato possibile: cercare di essere non violenti di non rivalersi toppo, di lasciar correre e di perdonare.
Ma inevitabilmente troveremo il limite da affrontare: ognuno incappa in torti e difficoltà che fanno gridare di dolore e il grido si può innalzare anche contro il Cielo.
Perché dunque Gesù ci chiede queste cose? Eppure, per noi egli le ha fatte: quando si consegnò spontaneamente in mano ai nemici, sapendo cosa intendevano fargli, poi la risposta è stata il perdono.
La giustizia non è venuta meno, poiché Gesù ha compiuto un atto di ristabilimento di giustizia verso il Cielo, pagando per le colpe di altri. Questo è il punto a noi incomprensibile, quindi inaccettabile: capire che le colpe commesse tra gli uomini sono colpe contro Dio.
Al contrario noi vogliamo giustizia da Dio per le colpe commesse contro di noi e spesso chiamiamo giustizia umana il rivalersi verso chi ci ha fatto un torto.
In realtà la dinamica della conflittualità immerge chiunque nell’inchiostro dell’odio. Il nostro ricercare la giustizia spesso se non sempre è intriso di vendetta ed avversione.
La giustizia avrà un suo corso, ma non siamo giudici e nemmeno esecutori, ma quel che non è ammesso da Gesù è il cuore, che nelle prove rimane indurito.
Questo è il fatto su cui verte il suo richiamo. Il cuore duro è il cuore ferito che diventa malato. La cicatrice si chiude, ma racchiude un veleno che ci cambia in peggio, uccide la nostra anima e non c’è più spazio per la fiducia, l’amore, il perdono e per quello sguardo profondo che sa vedere l’anima degli altri che giace nella morte, quella stessa anima che Gesù ha amato fino a dare la propria vita.
Gesù chiama amici coloro per i quali muore, chiama alla intimità con i suoi sentimenti ed i suoi desideri coloro che egli perdona, salva, redime, risuscita, cambia e trasfigura.
A noi salvati chiede di essere salvatori, a noi redenti chiede di essere redentori, a noi lontani e resi vicini, chiede di farci prossimi a chi è lontano dalle regioni dell’amore ed agisce nello spirito di odio ed egoismo. A noi chiede di essere puri da quello spirito, di non lasciarci più contaminare dallo spirito del mondo. Amare il mondo vuol dire amare chi del mondo è prigioniero, amare la libertà non solo nostra, ma degli altri, resi disumani dalle leggi del mondo, le leggi della sopraffazione, della menzogna e dell’egoismo.
La risposta di amore, certo non risolve immediatamente le questioni, ma rilancia ad altro. Impedisce a noi il contagio del male, ma fa interrogare il violento e l’ingiusto: non subito, alcuni mai: ma questa è la libertà della risposta.
Noi rimettiamo nelle mani del Signore tutto quello che attiene alla conversione dei cuori ed alle questioni di giustizia, poiché noi ci rifugiamo nel Cuore di Gesù per essere con lui come lui: miti della sua mitezza, umili della sua umiltà, amanti del suo amore.
Dio vi benedica!
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